Gio Ponti e Cantù. Cinquant’anni di collaborazioni

“Il rapporto di collaborazione di Gio Ponti con Cantù risale al biennio 1927-1928, il periodo della nascita della rivista “Domus” e della collaborazione professionale con Emilio Lancia, e proseguirono sino alla sua partecipazione, nel 1973, all’esposizione “I grandi designers”, nell’ambito della Decima Selettiva: un percorso di quasi mezzo secolo che ebbe il momento di maggior fervore nel 1955 in occasione della nascita del Concorso Internazionale del Mobile.
A partire dal 1927 Gio Ponti si avvalse della bottega Paolo Lietti e Figli, una delle più qualificate fabbriche di mobili del Canturino, per la realizzazione sia degli arredi di lusso delle case che stava progettando per la borghesia milanese che per i progetti nati sotto la sigla del “Labirinto”.
Una versione semplificata dei suoi arredi Gio Ponti li proporrà alla Rinascente, che dal 1928 li commercializzerà con il marchio Domus Nova. Con questa iniziativa si proponeva di rinnovare l’immagine della casa medio borghese – quella casa che, come suggeriva Raffaello Giolli, andava difesa da tutti i ragionamenti stilistici–, con mobili contrassegnati da finiture di qualità, ottimi materiali, praticità d’uso e, soprattutto, prezzi vantaggiosi. Avvalendosi della collaborazione di Emilio Lancia progetta quattro ambienti costituiti da un salotto, una sala da pranzo, una camera matrimoniale e una camera singola, ai quali più tardi si aggiungeranno anche alcuni mobili da cucina, tutti esposti alla III e alla IV Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza.
Offrendo mobili di forme semplici ma ben disegnati, pratici e studiati nei particolari, per la prima volta in Italia si proponeva quanto sperimentato dai “grandi magazzini parigini che, in quel decennio, avevano attivato degli atelier per la progettazione, la produzione e la vendita di elementi d’arredo»2. Del campionario di Domus Nova, i mobili in legno di castagno per cucina e i raffinati elementi della camera singola erano fabbricati dalla bottega Lietti. […]”

 

Tiziano Casartelli

L’articolo si può leggere integralmente sul numero 51 di Canturium.