Realismo magico a quattro mani. L’ultimo articolo di Sergio Porro per Canturium

“Nella terra umidiccia del Teatro Artigiano, fin dalle origini, sono spuntati due germogli: Elio Tagliabue, attore, fondatore e collaboratore infaticabile (dal 1969) e Franco Coffani (dal 1998), strimpellatore indefesso e autore delle musiche di alcuni spettacoli tra i più importanti. Nessuno dimentica i canti e i lamenti dell’Alcesti di Euripide che, ancora oggi, vive nel nostro cervello e nei nostri cuori. Sviluppandosi, i due germogli hanno dato vita a una collana letteraria di fantasia, di diari, di racconti, di ricordi, di spaccati di vita.
“La scrittura, come gli altri linguaggi, oggettivizza la nostra soggettività, la reifica per usare un termine caro a certa filosofia. Se la scrittura diventa stampato altri possono leggerla e rivivere sogni di altri. Possono, se vogliono, capire meglio anche la propria vita, i propri desideri, le proprie fantasie. Tra scrittore e lettore si instaura una relazione dove si riceve e si dona”. Così ricorda Peppo Peduzzi, da sempre nostro amico e critico letterario.

 

Elio e Franco, prima di tutto, sono affezionati, hanno molte esperienze comuni, dal lavoro alle attività nel sociale, al teatro. Una vita ricca, dove gioia e sofferenza si fondono continuamente come i colori sulla tavolozza.
La domanda più frequente che è stata posta da me e dagli amici, e spesso nel corso delle presentazioni dei libri, è sempre la stessa: “Come fate a scrivere in due?”. La legittima curiosità presupporrebbe una risposta fantasiosa. In realtà il loro metodo è molto semplice. Dallo spunto iniziale, dell’uno o dell’altro, inizia il cammino per un percorso non preordinato che non ha neppure chiare mete da raggiungere. Dopodiché all’affondo di uno segue il rimpallo all’altro che legge, rivede, taglia, aggiunge e prosegue per poi rimandare di nuovo all’altro il lavoro in un alternarsi di contributi fino alla stesura della prima bozza. A quel punto si procede alla revisione con il sostegno di amici benevoli, ma anche e giustamente critici, per arrivare alla stesura finale.

È andata così con La Decima (Cantù, La Strada, 2001): prende lo spunto dalle vicende personali di alcuni teatranti e ne fa un profilo. Poi L’ultimo prato (Cantù, La Strada, 2004): la storia di un uomo che ribalta la sua esistenza grazie all’irrompere nella sua vita di una sconosciuta. Più individuali i racconti Nei dintorni (Cantù, La Strada, 2002) e Il resto è vento che accompagna (Cantù, La Strada, 2009): il primo un libro-diario con riflessioni e aneddoti tratti dalla vita lavorativa (ma con un occhio alla figlia che diventa donna libera), e il secondo ricco di racconti dell’imprevisto. L’ultima serie contempla Io amo i cessi (Cantù, Libri Furtivi, 2013): Incontri paradossali con i water, e Raccolta di varie e strane visioni (Cantù, Libri Furtivi, 2015): chi non ha mai scritto poesie o testi per canzoni?

 

 

[…]

“La vita è come lo yogurt. Ha una scadenza, entro la quale deve essere consumata. Con tutti quei fermenti, così vivi, così laboriosi, destinati, ahimè, ad inacidire. Nella logica dello yogurt c’è il deterioramento. È inevitabile, è il suo destino. Bisogna consumarlo prima che ciò avvenga, entro poche settimane. Nell’esistenza, succede qualcosa di simile, anche se in un tempo molto più lungo. È scritto, incancellabile. Perché? Io ci ho capito poco, anzi, niente, come tutti, a meno di trasferire tutte le aspettative su un piano extraterreno, allora c’è un senso. Questa è una cosa interessante, anche intelligente, direi. Ma è risaputo. Chi ha una fede e chi no”. […]”

 

di Sergio Porro

L’articolo si può leggere integralmente sul numero 53 di Canturium, luglio 2017.