“Il dibattito intorno alla necessità di realizzare anche a Como un Politeama, da intendersi come “teatro popolare”, prese vita nel corso del 1908 all’interno della Società dei Palchettisti proprietari del Teatro Sociale, allora alle prese con una profonda crisi di risorse e di prospettive, per la quale sembrava una soluzione quella di rinnovare le strutture per fare spettacolo con l’obiettivo di ampliare il pubblico. Tra fine febbraio e inizio marzo 1908 si avviò quindi un approfondito dibattito che dalle riunioni dei palchettisti approdò rapidamente alle pagine del quotidiano locale e quindi alla città nel suo complesso: al centro stava l’ipotesi di realizzare un nuovo teatro sul luogo dell’arena retrostante al Sociale. Tra 22 e 23 marzo, mentre si indiceva una nuova assemblea dei palchettisti che si preannunciava decisiva, qualcuno ruppe gli indugi e lanciò una sottoscrizione per la costituzione di una società per il Politeama. L’iniziativa non doveva essere intesa in nessun modo come concorrenziale al Sociale, che anzi avrebbe dovuto trarne vantaggi e nei cui confronti si avanzarono ipotesi di accordo; semplicemente si proponeva come “autonoma” in nome della libertà di iniziativa in tutti i campi, anche quello culturale. Il 22 aprile 1908 venne convocata l’assemblea per la costituzione della nuova società: il capitale raccolto in un mese o poco più assommava alla cospicua cifra di 150 mila lire e oltre.
L’area per l’edificazione del nuovo teatro venne individuata in un terreno di proprietà comunale all’angolo tra viale Cavallotti e piazza Cacciatori delle Alpi, al tempo annesso alla vicina caserma di S. Carlo. A partire da questo momento le strade tra i due teatri (quello antico: il Sociale, e quello nuovo: il Politeama) si separarono irrevocabilmente, anche se consensualmente. Dell’ipotesi di realizzare la nuova struttura nelle adiacenze dell’antica non si parlò più, per quanto si continuasse nei mesi successivi ad affrontare la “questione teatrale” approfondendo ripetutamente i problemi e le prospettive del Sociale, del Politeama e del Cressoni (il teatro popolare fondato da Annibale Cressoni nel 1870 e che allora versava in profonda crisi, destinato ad essere riconvertito a breve in cinema e sala da ballo).
I lavori per il Politeama iniziarono però solo nel luglio dell’anno successivo, poiché la vendita del terreno da parte del Comune venne a lungo differita. Il progetto venne affidato all’architetto Federico Frigerio, progettista di fiducia di molti dei principali azionisti. Le linee generali dell’edificio dovettero essere messe a fuoco da subito: il Politeama si proponeva come teatro popolare, quindi senza palchi, e soprattutto come luogo di spettacolo genericamente inteso; doveva quindi essere un edificio multifunzionale e flessibile: non solo teatro, ma anche cinema, café chantant, circo, bar, ristorante, albergo. Se l’organizzazione generale era, per certi versi, obbligata, non altrettanto lo fu la definizione della struttura portante, per la quale – contrariamente a quanto riportato all’epoca – non si optò da subito per il cemento armato; ancora nella pratica presentata per l’ottenimento della licenza edilizia sono inseriti disegni di una primitiva versione in cui il tetto è retto da capriate metalliche, segno evidente che vennero prese in considerazioni ipotesi alternative prima di decidere, ma – viste le date dei disegni strutturali in cemento armato, subito seguenti l’inizio del cantiere – la conversione al cemento armato può essere considerata abbastanza precoce. All’epoca l’uso della tecnica costruttiva in cemento armato era ormai conosciuta e diffusa; anche a Como la si utilizzava da oltre un decennio, e Frigerio medesimo la adottò nello stesso periodo (ma forse con qualche mese di anticipo) anche per la sede della Società Bancaria Italiana. Probabilmente per la consapevolezza che l’edificio richiedeva soluzioni particolarmente complesse, i lavori strutturali vennero affidati non a un’impresa locale ma alla ditta torinese Porcheddu, divulgatrice in Italia del sistema Hennebique. […]”
Fabio Cani
L’articolo si può leggere integralmente sul numero 42 di Canturium (Ottobre 2014).