Canturium 50

Per una rivista di periodicità trimestrale, come è “Canturium”, la pubblicazione del cinquantesimo numero va considerata un traguardo che consente di tracciare il bilancio dell’attività svolta, ma offre anche l’opportunità per ridefinire scopi e finalità della nostra testata.

Alle tremilaseicento pagine dedicate alla storia, all’arte e all’ambiente del Canturino e del Comasco dobbiamo riconoscere il ruolo di studio e valorizzazione delle specificità di questi luoghi.

In questi dodici anni di attività, “Canturium” si è prefissato di rinnovare il dialogo con il nostro passato, cercando di osservarlo e interpretarlo da prospettive inedite. Temi non ancora esplorati sono tornati a prendere forma, fatti e figure precedentemente rimaste in ombra ci permettono ora di comprendere meglio e con maggiori dettagli  il concatenarsi degli eventi e le relazioni tra episodi solo apparentemente discrepanti.

L’intento di Canturium resta quella di contribuire a restituire e consolidare l’identità di un territorio che l’ultimo mezzo secolo ha scardinato in ogni suo aspetto, interrompendo bruscamente quella continuità che per secoli ha costituito il suo retaggio più prezioso.

 

“Canturium” si è occupato prima di tutto del lavoro e dei suoi molteplici aspetti, consapevole che tra le attività umane quella del lavoro è innanzitutto la storia di milioni di vite, di intere generazioni che di sé hanno lasciato soltanto le labili tracce prodotte giorno dopo giorno dalla propria tenacia. Ecco allora che l’indagine storica è più che mai doverosa e necessaria, come risposta all’indifferenza che vorrebbe cancellare il ricordo stesso dei mondi e delle generazioni che ci hanno preceduto.

Altrettanta attenzione “Canturium” l’ha dedicata al paesaggio e alle trasformazioni ambientali, talvolta veri e propri stravolgimenti, che a partire dagli anni del boom economico hanno avuto luogo nell’arco di alcuni decenni. Prima di quel periodo Cantù era ancora – scrisse nel 1955 Agnoldomenico Pica – “un rifugio ideale per la meditazione e la poesia”, per effetto della “verde dolcezza dei suoi morbidi colli.”

Non possiamo tuttavia sorvolare il fatto che “Canturium” ha dovuto fare i conti anche con il disinteresse alimentato dalla presunta inutilità dello studio del passato, proprio in quanto passato, la cui conoscenza sarebbe del tutto irrilevante nella programmazione economica e sociale: un presupposto che ignora che la storia è sempre contemporanea in quanto custode dei presupposti del presente. Condizione che tuttavia non può esimersi dal riconoscere il passato come inequivocabilmente diverso dal nostro presente e come la sua comprensione sia possibile soltanto evitando di spezzarne la continuità.

Lo studio delle varie espressioni di questo territorio, in altre parole della dimensione locale della storia, richiede un continuo rimando alla grande storia, in quanto senza la verifica delle sue ripercussioni in ambito locale non sarebbe possibile comprendere gli avvenimenti , né spiegarsi il loro svolgimento. Di questo “Canturium” ha sempre tenuto conto, così come è sempre stata convinta che, pur le suo più ristretto angolo visuale, la storia locale non è meno significativa di quella generale.

 

Tiziano Casartelli