Le Corbusier in Brianza. La produzione dei mobili di un maestro dell’architettura moderna

Una pagina pubblicitaria del “Corriere della Sera” del 30 settembre 1965 annunciava la commercializzazione da parte della Cassina di quattro poltrone disegnate da Le Corbusier nel 1928. “Prodotte in serie dalla Figli di Amedeo Cassina”, le sedute – informava la pubblicità – erano “destinate a dare un’impronta inconfondibile ad ogni arredamento davvero qualificato”, testimoniando nello stesso tempo la “piena vitalità e funzionalità di oggetti d’uso creati razionalmente fuori dalla moda.” Il lancio commerciale dei quattro modelli giungeva a poco più di un mese dalla scomparsa dell’architetto svizzero, avvenuta il 27 agosto nelle acque di Cap-Martin: “Le Corbusier muore per un collasso mentre fa il bagno sulla Costa Azzurra”, titolava l’edizione di sabato 28 agosto del Corriere.

L’improvvisa scomparsa del maestro coincideva con la messa a punto della produzione dei quattro modelli, le cui fasi di ricostruzione, i dettagli tecnici e le caratteristiche delle finiture erano già stati definiti con il progettista e i suoi collaboratori sin dall’ottobre del 1964, in seguito all’acquisizione dei diritti esclusivi di riproduzione. L’idea di realizzare industrialmente le poltrone in acciaio tubolare disegnate quasi quarant’anni prima da Le Corbusier insieme a Pierre Jeanneret e a Charlotte Perriand, era stata messa a punto da Cesare Cassina dopo un’attenta riflessione. Negli stessi anni l’azienda bolognese Gavina aveva iniziato a produrre la poltrona Wassily e la sedia Cesca, progettate dall’architetto ungherese Marcel Breuer intorno alla metà degli anni venti, sperimentando per la prima volta l’uso del tubo d’acciaIo nell’arredamento.
Cesare Cassina, titolare con il fratello Umberto dell’industria di Meda, aveva intuito che la valorizzazione dei mobili progettati dai maestri del Movimento Moderno non solo avrebbe permesso di riscoprire le radici dell’arredo contemporaneo, ma, grazie alla produzione in serie, anche di offrire al vasto pubblico l’opportunità di arredare la propria casa con pezzi di alto valore estetico e culturale. Egli si convinse che il mercato si poteva considerare ormai maturo per questo genere di oggetti. “Quel grand’uomo che si esprimeva in dialetto ma con un acume che mostrava un intuito eccezionale”, avrebbe detto delle scelte di Cesare Cassina Vico Magistretti.
I rapporti diretti con Le Corbusier si limitarono a pochi incontri, essendo egli totalmente impegnato nel progetto dell’ospedale di Venezia, e delle chiese dalle comuni matrici di Firminy e di Bologna. L’interlocutore dell’azienda di Meda fu Heidi Weber, alla quale l’architetto svizzero aveva trasferito i diritti delle sue opere di pittura, scultura e, temporaneamente, degli oggetti d’arredo. Cesare, dunque, inviò il nipote Franco a Zurigo per stipulare con la Weber il primo contratto. Dopo la morte del maestro si rese necessario stipulare un nuovo accordo con la Fondation Le Corbusier, che il maestro nelle sue ultime volontà aveva nominato erede universale. Oltre alla Fondazione, a sottoscrivere il contratto si affiancarono come parti contraenti l’erede di Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand. “Il mio ruolo all’interno dell’atelier non riguardava l’architettura – scrisse nella sua biografia la Perriand –, ma l’arredamento degli interni dell’abitazione. Le Corbusier si aspettava da me, con impazienza, che dessi vita all’arredo.”
La presentazione della nuova collezione ebbe per l’immagine della Cassina un successo senza precedenti, i cui effetti, associati ai risultati offerti dai modelli già in produzione di Giò Ponti, Ico Parisi, Carlo de Carli e Gianfranco Frattini, contribuì a fare dell’azienda di Meda un punto di riferimento internazionale nel campo del design. […]

 

Tiziano Casartelli

L’articolo si può leggere integralmente sul numero 39 di Canturium (Febbraio 2014).